HONDA CX500C: CURVE IN MUSICA

Guidare una moto d’epoca è sempre qualcosa a cui ci si approccia con i guanti: i proprietari le custodiscono venti, trenta, quaranta inverni e a prenderle in prestito ci si sente come il Paperino della situazione a cui è stata affidata la Numero Uno. Di solito dimostrano meno anni di un Gs milanese, hanno molti più km e ad ogni compleanno si festeggia stappando l’olio nuovo, ricromando un particolare o sostituendo quella lampadina che non era propriamente l’originale… Insomma, sono moto amate, accudite, collezionate e spesso si portano dietro molti più racconti e storie dei chilometri che hanno sul tachimetro.

Ecco perché ero titubante quando, per la prima volta, Michele si offrì di prestarmi la sua CX500C dell’85. Michele tiene la moto nel suo showroom d’abiti – esclusivamente di qualità, non sia mai avere un cattivo tessuto!-, l’ha presa seminuova ed è rimasta con lui quasi trent’anni. Ci è andato fino a Barcellona, con la sua Cx, con sua moglie dietro e la moto caricata. L’Honda è poi sopravvissuta a due figlie e ai loro fidanzati: Michele tiene il piccolo custom 500 come un gioiello, ma non ne è geloso e così non è strano vederla uscire dalla rampa dello showroom con un cavaliere che non sia lui. Alla proposta di farci un giretto non so resistere, così la moto, lucida come il primo giorno, si fa installare docilmente la batteria. Il cardano e il motore bicilindrico, ancora freddi del loro sonno, sembrano dire di non preoccuparsi, la vernice lucida e le cromature, invece, invitano a stare attenti “una rigata… dopo così tanti anni, non si oserebbe farmi del male!”…

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E’ ora di mettere da parte i timori e girare la chiave: le moto sono fatte per andare e sognare! Si lasciano guardare solo nel tempo libero, ma non è quello il loro scopo! Forte di questo auto-indottrinamento giro la chiave. Non succede assolutamente nulla. Ma come? Niente lucine stile Gundam? Niente contagiri che parte e rientra? Niente nome della moto sul display? Niente “check” vari? Guardo un attimo sconcertato la moto, mi viene da rigirare la chiave, ma mentre allungo istintivamente la mano per farlo, blocco la mia figuraccia: nemmeno la mia Husqvarna da enduro del 2004 aveva elettronica e similari e me l’aspetto qui? Maschero il movimento verso la chiave deviandolo verso lo start. Questa volta qualcosa succede: la moto si anima come se l’avessi spenta quindici minuti prima. Il bicilindrico frulla leggero, spienserato, tranquillo. Si può quasi “sentire” come l’olio ritorni in circolo, tutta la moto sembra destarsi con un dolce sbadiglio, stropicciandosi il fanale e le frecce, stiracchiandosi la trasmissione. Michele sorride felice: è impossibile non vedergli il sorriso in viso ogni volta che sente frullare la sua amata Honda. Io ho un sorriso probabilmente ancora maggiore: malato cronico di moto, sono pronto a far sgranchire la CX, di cui non so assolutamente niente e di cui non vedo l’ora di scoprire tutto. La lasciamo scaldare un po’ e poi allaccio giubbotto e casco: si parte.

I primi metri sono di assestamento: la moto è comodissima, ma la posizione è particolare. Si è seduti, dritti. E già questo, per chi abitualmente guida una sportiva, è piuttosto sconcertante. Le ginocchia alte al posto di essere pronte a buttarsi verso l’esterno, i piedi appoggiati comodamente e non in punta sulla pedane, la schiena eretta e le braccia tese richiedono qualche minuto per prendere confidenza. La prima impressione è che questa moto giri con un’agilità impressionante e ha senso: pesa intorno ai duecento chili, ma ha un baricentro basso, un ampio raggio di sterzo e l’altezza adeguata per mettere a terra un piede in totale sicurezza anche per i meno alti. Una volta presa confidenza col motore, si possiede già la moto: come da tradizione del marchio, questa Honda è dolce e intuitiva. Il motore eroga una cinquantina di cavalli mansuetissimi, grazie anche alla trasmissione a cardano. La CX500C però non manca di brio: il motore sale di giri senza farsi pregare e continua la sua spinta fin oltre gli ottomila giri, anche se viene più naturale farlo frullare intorno ai cinquemila e godersi il panorama. Sono in autostrada e, mentre mi guardo intorno e mi godo l’aria in faccia, ragiono sulla posizione di guida: mi accorgo di avere i gomiti bassi e ancora i piedi in punta! Correggo, mi rimetto comodo, apro un po’ i gomiti, appoggio il piede di pianta: in effetti è rilassante. Questa attitudine da moto “panoramica” è complementare al comportamento in curva: alla prima bisogna fidarsi perché l’avantreno è morbido, ma sorprende subito! La fiducia è ripagata: non perde la traiettoria, anzi la disegna come note su un pentagramma. Ed ecco il segreto di questa moto: è una moto musicale. Bisogna guidarla cantando, riascoltando nella mente le vostre canzoni preferite e abbinandole al paesaggio. La CX le sente. E mica ha bisogno del bluetooth per farlo: semplicemente le sa e si adegua! Pink Floyd? Deep Purple? Eric Clapton? Queen? Bob Dylan? Lei li conosce tutti, li canticchia con il pilota – e il passeggero che adora ospitare – e fa loro da sottofondo con il suo bicilindrico.

Saliamo senza problemi fino al Campo dei Fiori, a Varese. Negli ultimi tornanti troviamo neve, ma la CX nemmeno se ne accorge: ha sempre grip, non mette mai in difficoltà e in cima si mette in posa in maniera naturale, senza ostentare, sullo sfondo innevato.

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Facciamo ritorno verso le nostre zone, ma dopo un caffè in centro a Varese non ho il coraggio di riportare a Michele la moto sporca. Passiamo dall’autolavaggio e la passo velocemente con l’idea di terminare l’opera nello showroom, ma una volta arrivato, nonostante mi munisca di straccio, subentra Michele, contento dei sorrisi miei e della zavorrina, a lucidare il suo gioiello d’epoca.

La CX500C è una moto facile, da godere insieme al vostro passeggero, canticchiando e guardando il paesaggio. Datele fiducia e vi porterà in capo al mondo: è perfettamente a suo agio in città, non teme lunghi viaggi e come possono dimostrare la mia esperienza e le foto che vedete, non teme nemmeno il tempo.

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